04/11/13

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito

Cava Pallarito segna la linea di confine tra il comune di Barano e quello di Serrara Fontana. Un luogo di altri tempi, selvaggio ed affascinante, poiché non è stato stravolto dalla mano dell'uomo. Nel corso di secoli solo la natura ha trasformato quel sito in un incanto di purezza e autenticità.

I lecci altissimi sembrano sfiorare il cielo e le nuvole, abbondano le querce e il frassino.

Quella gola scavata dal vento e dall'erosione delle acque è sovrastata da due alti costoni, in uno dei quali nei tempi antichi fu scavato un cellaio che i contadini usavano per mettere le botti del vino e gli attrezzi della terra. Salendo per una ripida e lunga scala ci sono grotte e anfratti che all'epoca ci si serviva come rifugio per capre, muli ed uomini.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Questo piccolo regno è stato lasciato in eredità a Salvatore Di Meglio, che fa il mestiere di muratore, il quale è orgoglioso e fiero di aver realizzato il suo sogno: trasformare quegli ambienti in una "Casa Museo". Per oltre quindici anni è stata la sua abitazione, lì sono nati i suoi tre figli, ormai adulti.

Seppur affezionato a quel piccolo paradiso, dovette lasciarlo, perché troppo umido e freddo durante l'inverno. Per un lungo periodo tutto rimase in uno stato di abbandono. Solo colombi, falchi e altri uccelli svolazzavano indisturbati intorno a quello che potrebbe essere definito un piccolo alveare. Ma da circa sette anni c'è di nuovo vita in quella cava desolata, che per noi residenti e turisti era solo un luogo di transito.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Salvatore con i suoi occhi celesti e limpidi che scrutano in profondità, trascorre nel museo molte ore della giornata. Accoglie il visitatore con naturalezza e semplicità, parla poco e ascolta molto.

Nel tempo libero scolpisce il legno e la pietra, realizza così piccoli capolavori, che colpiscono perché molto primitivi nella forma, sembrano appartenere ad un mondo remoto, del quale abbiamo perso le tracce. La cantina è ricca di tanti arnesi appartenuti alla civiltà rurale, piccoli e grandi oggetti di cui si faceva uso quotidiano e che non avremmo modo di ammirare e anche di emozionarci toccandoli, se Salvatore non li avesse messi a disposizione di tutti coloro che hanno nostalgia del passato e delle nostre radici. Ma non solo, tutto ciò è importante anche per le nuove generazioni, le quali devono imparare che la storia è fatta non solo delle gesta degli uomini, ma anche degli oggetti di cui ne hanno fatto uso.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
La lunga scala accede ad un terrazzo che affaccia sulla cava e sulla strada carrabile. Tutt'intorno c'è silenzio, ed il fresco pungente che arriva dalla gola attraverso la montagna. Nelle grotte troviamo ancora centinaia di utensili di epoche passate, disegni stilizzati lungo le pareti, che Salvatore ha realizzato con pietre levigate dal mare.

C'è anche un cunicolo chiamato "La Grotta della fortuna", lungo il quale sono stati appesi tantissimi ferri di cavallo, (gli antichi li usavano contro il malocchio), percorrendolo si ha per davvero una sensazione di purificazione e positività interiore.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Altri gradini scavati nel tufo, portano verso la cima, lungo il percorso il belare delle caprette che entrano ed escono dai vari anfratti, accompagnano il visitatore con i loro occhi magnetici e misteriosi. Anche se con il fiatone, l'emozione è profonda quando si giunge sul grande pianoro dell'alto costone, in quel momento si ha l'impressione di essere arrivati sul tetto del mondo. La sensazione è che corpo e spirito, circondati dalla natura selvaggia, si elevino verso altri mondi.

Penso che la "Casa Museo", con il candore di chi l'ha realizzata con tanta passione e senza alcuna pretesa, ci possa stimolare a sognare, fantasticare, a sorprenderci. Come i bambini che guardano il mondo con gli occhi dell'innocenza.

L'ingresso è gratuito.

Casa Museo 
Via ex S.S. 270 tra Buonopane e Fontana, 
80070 Serrara Fontana, Isola d'Ischia, Italia 

Tel. 3497198879 - Email: dimeglio69@yahoo.com

31/10/13

Il magnifico autunno ischitano: novembre tempo di vino novello, funghi e castagne

Un magnifico novembre quello ischitano da vivere immersi nella pace dei boschi cogliendo funghi e raccogliendo castagne, passeggiando per le vie del centro e, perchè no, in beate giornate al mare, soprattutto nella lunga estate di san Martino che ad Ischia è una seconda primavera. Le rose fioriscono ancora, il sole è caldo come un abbraccio, il mare di un fresco rinvigorente, e l'aria è impregnata di aromi profondi della terra, delle piante, del legno fresco appena tagliato, che servirà a riscaldare l'oro dell'autunno ischitano.

Il magnifico autunno ischitano
Nelle tiepide mattine di novembre, quando tutto è immerso in una foschia azzurrina, il sole è appena sorto e le foglie sono coperte da mille goccioline rugiadose, sarà bello uscire per una passeggiata in riva al mare, quel mare fermo come metallo, che cambia colore ad ogni gradino in salita che compie il sole nel cielo. Un mondo felice si aprirà davanti agli occhi: i pescatori più anziani sono già in spiaggia a lavorare alle reti, un barchino di legno prende il largo, un buffo uccello di mare passeggia sulla riva, e dalle finestre di queste casette colorate esce un profumo forte di caffè e dolci fatti in casa. 

Il magnifico autunno ischitano
Passeggiare lentamente o con brio, correre sulla sabbia dura della riva, respirare profondamente quest'aria salmastra è già benessere, è già bellezza. Più tardi quando il sole sarà alto si potrà anche stendere un telo sulla sabbia e prendere la tintarella, cercare una polla di acqua calda sorgiva, prendere un bagno. Ma se il mare a novembre ad Ischia ha un forte richiamo, anche la collina e le montagne non scherzano. 

Il magnifico autunno ischitano
Gli spiriti più sensibili ne ammireranno i colori che variano dal verde velluto dei muschi al bronzo delle foglie di platano, i più ghiotti si dedicheranno alla ricerca dei funghi che spuntano sotto le foglie o alla raccolta delle castagne. Piccole ma ottime da mangiare le castagne ad Ischia sono facili da trovare, perchè i boschi piantumati nel settecento a castagno sono parecchi e tutti in perfetto stato di salute. San Martino è anche il momento in cui si prova il vino novello; le campagne di Ischia sono per la maggior parte coltivate a vite, ed i vitigni presenti sull'isola sono dei più vari. 

Il magnifico autunno ischitano
Questo è il tempo di fare un tour per cantine, perchè ogni agricoltore di Ischia a novembre sarà ben lieto di offrirvi un bicchiere del suo ottimo vino e sono tante le aziende che organizzano delle vere e proprie feste per san Martino. Cose buone da mangiare, cose buone da bere, novembre ad Ischia è il paradiso dei buongustai.

Il magnifico autunno ischitano
La tavola si riempie di piatti importanti, un po' una prova generale per il Natale che è dietro l'angolo: pasta fatta in casa con funghi porcini, polenta con salsiccia di maiale nostrano, i salumi della cantina ischitana, prosciutti e capicolli, che vanno gustati su grandi fette di pane tostato sulla legna viva del camino. I friarielli amari e dolci saltati in padella con il peperoncino, le zuppe di verdura colta nell'orto, il pane cotto a legna, la zucca dolcissima da mangiare con la pasta o assoluta, le torte di pastafrolla piene di uva passa e mele, castagne e cioccolato. 

Il magnifico autunno ischitano
Una vacanza ad ischia a novembre ha inoltre un'altro lato interessante, costa poco, pochissimo, quasi niente. A novembre però non manca nulla sull'isola: bellezza, natura, benessere e enogastronomia. Giorni di paradiso alle terme dell'isola a novembre. Fai il pieno di energia prenota una vacanza sull'isola. 

25/10/13

Ischia, il faro di Punta Imperatore

I fari si trovano quasi sempre in posti isolati, talvolta persino difficili da raggiungere. È questo l’aspetto che ha contribuito a creare l’alone di mistero che ha sempre avvolto questi luoghi, in molti casi anche gli uomini incaricati di svolgere il difficile mestiere del fanalista. Storie, leggende, aneddoti che naturalmente riguardano anche il “nostrofaro, il gigante che svetta sull’estremità di Punta Imperatore, a Forio. Per la cronaca, quello di Punta Imperatore non solo è stato, ma è tuttora uno dei fari più importanti del Mediterraneo, in grado di lanciare il suo raggio di luce da un’altezza di oltre 160 metri. La lanterna poggia su una casa a due piani ormai disabitata, ma che per molti anni è stata abitata eccome, “regno esclusivo” di Lucia Capuano, la guardiana del faro.

Dobbiamo alla bravissima attrice e conterranea Lucianna De Falco la conoscenza di questa storia di riscatto sociale che fa perno attorno la figura eroica di “Lucì“, la donna che ottenne di prendere il posto del marito, il guardiano Francesco De Falco, dopo la prematura morte di questi il 25 novembre del 1937. A seguito, tra l’altro, proprio di un incidente sul lavoro.


Il faro di Punta Imperatore
Lucianna De Falco, nello spettacolo teatrale “Luci, voci e volti dal faro”, non rievoca soltanto la dolorosa vicenda dei nonni paterni, ma mette in scena la tempra forte, sanguigna, degli ischitani, soprattutto delle donne, in grado di superare le avversità della vita proprio come fece Lucia Capuano per garantire un futuro ai suoi sette figli. Come, del resto, simbolicamente, sta a rappresentare pure il faro dove quella vicenda umana si svolse.

Anche se è ben visibile da mare, e non potrebbe essere altrimenti, la vista ravvicinata di questo gigante va guadagnata, percorrendo via Costa, una vecchia strada di campagna quasi tutta in salita, al termine della quale si arriva a quest’edificio bianco a picco sul mare. Il presente turistico non è riuscito a cancellare del tutto le tracce della civiltà contadina che si scorgono lungo il tragitto, a cominciare dalla rigogliosa macchia mediterranea che accompagna chi ha voglia di arrivare fino alla fine tra case a picco sul mare, orti e vigneti ancora oggi cinti dalle caratteristiche “parracine“, i muri a secco con cui i contadini delimitavano i confini di ciascuna proprietà.


Il faro di Punta Imperatore
Arrivati sul faro lo spettacolo è maestoso, con una visione d’insieme di Forio e lo sfondo delle isole Pontine. A pochi metri dalla costa si scorge, pure lei maestosa e austera, la Pietra della Nave, lo scoglio che secondo la mitologia greca era la galea che Alcinoo, re dei Feaci, mise a disposizione di Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso Itaca.


Il faro di Punta Imperatore
Ecco le storie, le leggende cui si è fatto riferimento pure nella diversità delle trame e degli intrecci hanno un minimo comune denomitatore, quasi fossero tanti capitoli di un unico romanzo, quello dell’isola d’Ischia. Tutto incentrato sulla capacità di superare le asperità della vita, come è riuscito a Lucia Capuano, come è per le navi aiutate nella navigazione dalla lanterna di Punta Imperatore, come sicuramente è stato per le maestranze incaricate di costruire quest’antico faro della Marina Militare su una costa a strapiombo sul mare.

21/10/13

I diversi dialetti dell’isola d’Ischia

Uno degli aspetti che rende unica l’isola d’Ischia è senz’altro che in un territorio così poco vasto esistono sette diversi dialetti, anche se, con le eccezioni dei due di Forio e Serrara Fontana, per il resto è più corretto parlare di un unico dialetto con diverse inflessioni.

Senza entrare eccessivamente nei dettagli, si può dire che nel versante sud-occidentale dell’isola – quindi Forio, Serrara Fontana e in parte Barano d’Ischia – la caratteristica principale del dialetto sia il frangimento vocale, vale a dire una tipica alterazione di timbro delle vocali accentate che in Campania è presente nei comuni di Pozzuoli e Monte di Procida, nei due vesuviani di Torre del Greco e di Torre Annunziata e nell’aversano, tra Napoli e Caserta.


I diversi dialetti dell’isola d’Ischia
Al contrario, il dialetto del versante settentrionale dell’isola – Ischia, Casamicciola Terme e Lacco Ameno – è assai più simile al napoletano.

L’esito di questo frangimento vocale consiste nei fenomeni fonetici, tra loro correlati, della metafonia quando il suono di una vocale assume in tutto o in parte i tratti della vocale vicina; della dittongazione ascendente quando delle due vocali all’interno di una stessa sillaba quella debole è la prima; della dittongazione discendente quando, viceversa, la vocale debole è quella in coda.

Alcuni esempi possono chiarire meglio i termini del discorso:

a) dittonghi ascendenti ferro; giorno; fiérrë; iuórrë;
b) dittonghi discendenti sera; nipote; sèirë; sàirë; nëpótë; nëpàutë;


I diversi dialetti dell’isola d’Ischia

Giuseppe D’Ascia (1822-1889), autore della monumentale Storia dell’isola d’Ischia (1867), attribuiva giustamente le differenze dialettali al combinato disposto di diversi fattori: occupazioni militari, colonie, alleanze, prigionie, commercio, nonché viaggi, lettere, arti e scienze.

Scrive il D’Ascia:

“Se i primi coloni furono i greci, i primi dialetti furono gli attici, sopravvenero i siracusani e furono i dorici. Successero i Romani e vi portarono quelli del Lazio. Cominciò il miscuglio, delle diverse lingue, e surse l’Osca , poi detta Tosca, fin a che, nel XIII secolo le lingue ed i dialetti si stabilirono e si posarono con maggior stabilità. Ma proseguono le colonie a sbarcare in quest’isola coi sovrani Aragonesi, e vengono gli Spagnuoli, ed i Siciliani, e portano nuovi dialetti, e si sviluppano vi è più ove la carovana de’ nuovi venuti si accasa, si spande, si moltiplica, e vi resta segregata, senza ingentilirsi con l’istruzione, o col commercio, e col contatto di altri popoli.”


I diversi dialetti dell’isola d’Ischia
Insomma se è vero che trattandosi di un’isola le differenze non vanno enfatizzate, è altrettanto vero che i diversi dialetti ci restituiscono in qualche modo anche le diversità sociali e di status tra il versante settentrionale e quello meridionale dell’isola. Diversità storicamente riconducibili alla frequenza degli scambi commerciali e non solo con la terraferma, prima naturalmente che il turismo si imponesse come unica risorsa economica, mitigando di conseguenza le differenze culturali e linguistiche senza per questo annullarle del tutto.

17/10/13

L’isola d’Ischia e gli anni di Angelo Rizzoli

La milllenaria storia dell’isola d’Ischia può essere in parte spiegata attraverso i suoi miti di fondazione. Grandi racconti epici che sottolineano, sia pure in maniera enfatica, i passaggi decisivi della comunità locale nel corso dei secoli.


Così, se alle due leggende di Tifeo e dei Cercopi si fa ricorso per spiegare l’ingresso di Ischia nell’antichità e, per la modernità ci si rivolge invece al saggio “De remedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, hoggi detta Ischia” (1586), del medico calabrese Giulio Iasolino – è al Cavaliere Angelo Rizzoli (1889 – 1970) cui generalmente si fa riferimento per spiegare l’attuale configurazione socio-economica dell’isola.

L’isola d’Ischia e gli anni di Angelo Rizzoli


Gli investimenti alberghieri realizzati a Ischia dall’imprenditore milanese quasi sempre sono stati assunti dalla pubblicistica, non solo quella turistica, come lo spartiacque economico e sociale della comunità isolana. Le opere senza cui nulla – turismo, benessere, occupazione – sarebbe mai stato realizzato. Va da sè che è esagerato fare di Angelo Rizzoli l’artefice unico dello sviluppo turistico dell’isola, anche se è proprio l’eccessiva enfasi celebrativa che, per altro verso, ci restituisce l’importanza che ha avuto l’uomo nel portare Ischia fuori dalle difficoltà della guerra.



Rizzoli sbarcò a Ischia nel 1950 per controllare se aveva ben investito i 50 milioni di lire prestati al ginecologo milanese e suo amico personale Piero Malcovati, deciso, quest’ultimo, a rilanciare le terme isolane. Dapprima riottoso sull’operazione, ben presto rimase stregato dalla bellezza dell’isola, in particolar modo da Lacco Ameno dove, più che negli altri comuni, c’erano condizioni favorevoli all’avvio di una serie di acquisizioni finalizzata alla realizzazione di un importante polo alberghiero.

L’isola d’Ischia e gli anni di Angelo Rizzoli : la Villa Arbusto


Fu così che si procedette all’acquisto delle vicine Terme Regina Isabella e delle Terme Radium Santa Restituta per farne un unico complesso alberghiero, quell’Albergo della Regina Isabella (con annessa depandance, Royal Sporting) ancora oggi, che sono passati di più di cinquant’anni, fiore all’occhiello dell’intera isola d’Ischia. Per non dire dell’acquisizione e ristrutturazione dell’Hotel Terme Manzi di Casamicciola Terme e della costruzione, di nuovo a Lacco Ameno, dell’Hotel Reginella con all’interno, addirittura, cinema e teatro per l’intrattenimento della clientela d’élite.



Tutto in soli sei anni, dal 1951 al 1957. Dieci, se consideriamo la realizzazione, nel 1961, di un’infrastruttura fondamentale per l’isola d’Ischia come l’ospedale pubblico intitolato alla moglie Anna.

L’isola d’Ischia e gli anni di Angelo Rizzoli


Ma la storia imprenditoriale di Angelo Rizzoli sull’isola d’Ischia è anche una serie di occasioni andate perse, come la mancata realizzazione di un piccolo aeroporto nella piana di Campotese a Forio, o la valorizzazione turistica dei bacini idrotermali di Nitrodi e dell’Olmitello a Barano d’Ischia. Ciò nonostante il rapporto con Ischia andò al di là della legittima tutela dei suoi interessi alberghieri, se è vero, come è vero, che dopo l’acquisto della bellissima Villa Arbusto, residenza patrizia della fine del XVIII secolo sul corso di Lacco Ameno, Angelo Rizzoli ne fece, sia pure per un breve periodo, addirittura primo e più importante domicilio fiscale (oggi museo intitolato proprio al Commendatore Rizzoli).



Non solo. Nei tumultuosi ‘50 del ‘900 il Cavaliere attivò tutti i suoi canali editoriali – cinematografici e giornalistici – a sostegno dell’immagine dell’isola d’Ischia e, naturalmente, dei suoi interessi. “Suor Letizia“, “Vacanze ad Ischia“, “Appuntamento a Ischia“, “Ischia operazione amore”  furono tutte pellicole commerciali funzionali ad una più ampia strategia di quello che oggi si chiama marketing territoriale, teso a promuovere un’isola che in quegli anni veniva letteralmente presa d’assalto dal jet-set internazionale.

L’isola d’Ischia e gli anni di Angelo Rizzoli


La morte di Rizzoli nel 1970 segna in qualche modo anche la fine, o quanto meno il progressivo ridimensionamento, di un turismo d’élite che negli anni successivi ha preferito rivolgersi altrove, dalla vicina Capri alla Costa Smeralda. A Ischia è restato il primato di località turistica di massa, di isola dai grandi numeri, meta privilegiata del mercato tedesco in ragione del tasso di cambio vantaggioso con il marco e, sul fronte interno, di quel ceto medio che per molti anni è stato il vero motore della crescita in Italia.