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02/04/15

Il dolce della Pasqua ischitana: la Pastiera

E’ tanto buona che come spesso accade per le pietanze più gustose è diventata leggendaria. E mitica è anche la fabula che ne racconta le origini. Madre della ricetta la sirena Partenope, che mescolando insieme tutti le bontà portatele in omaggio dai napoletani, rapiti dalla sua bella voce, creò la pastiera. Ad Ischia a Pasqua non manca una saporita fetta di pastiera ad ogni fine pasto, ma anche come spuntino pomeridiano o mattutino, perché un dolce tanto buono non può che tentare chi di sapori se ne intende

Se venite in vacanza ad Ischia a Pasqua non mancate di assaporare questo antichissimo dolce napoletano, che le donne di casa ed i pasticcieri ischitani preparano secondo l’antica ricetta.

Sapete che ha origini remote?

La pastiera, forse, sia pure in forma rudimentale, accompagnò le feste pagane celebranti il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l'uovo, simbolo di vita nascente.

Il dolce della Pasqua ischitana: la Pastiera
Per il grano o il farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe derivare dal pane di farro delle nozze romane, dette appunto " confarratio ".

Un'altra ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all'epoca di Costantino il Grande, derivate dall'offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale. Nell'attuale versione, fu inventata probabilmente nella pace segreta di un monastero dimenticato napoletano. Un'ignota suora volle che in quel dolce, simbologia della Resurrezione, si unisse il profumo dei fiori dell'arancio del giardino conventuale.

Alla bianca ricotta mescolò una manciata di grano, che, sepolto nella bruna terra, germoglia e risorge splendente come oro, aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, l'acqua di mille fiori odorosa come la prima vera, il cedro e le aromatiche spezie venute dall'Asia. È certo che le suore dell'antichissimo convento di San Gregorio Armeno di Napoli erano reputate maestre nella complessa manipolazione della pastiera, e nel periodo pasquale ne confezionavano in gran numero per le mense delle dimore patrizie e della ricca borghesia.

Il dolce della Pasqua ischitana: la Pastiera
Ogni brava massaia ischitana e napoletana si ritiene detentrice dell'autentica, o della migliore, ricetta della pastiera. Ci sono, diciamo, due scuole: la più antica insegna a mescolare alla ricotta semplici uova sbattute; la seconda, decisamente innovatrice, raccomanda di mescolarvi una densa crema pasticciera che la rende più leggera e morbida. La pastiera va confezionata con un certo anticipo, non oltre il Giovedì o il Venerdì Santo, per dare agio a tutti gli aromi di cui è intrisa di bene amaIgamarsi in un unico e inconfondibile sapore.

Appositi "ruoti" di ferro stagnato sono destinati a contenere la pastiera, che in essi viene venduta e anche servita, poiché è assai fragile e a sformarla si rischia di spappolarla irrimediabilmente.

In vacanza ad Ischia a Pasqua potrete gustare una ottima pastiera presso le migliori pasticcerie dell'isola e nei ristoranti ischitani.

02/04/14

Sull'isola di Ischia la Pasqua è una festa di sapori

Ischia, a Pasqua anche il gusto vuole la sua parte. C’è una festa infatti più dolce di questa? 

La tavola delle delizie isolane è pronta, aspetta solo voi per un viaggio di Pasqua nei sapori più intensi della cucina mediterranea, per una vacanza di Pasqua alla scoperta di vini fruttati e profumati, di aromi creduti perduti, di prodotti genuini coltivati nelle belle terre dell’isola. 

I percorsi enogastronomici dell’isola sono infiniti: si spazia dalle cantine antiche tra piennoli e botti di legno, alle raffinatezze culinarie di ristoranti di piccole dimensioni ma di grandissimo livello, dove i sapori sono una religione e la Pasqua una grande festa del palato


Sull'isola di Ischia la Pasqua è una festa di sapori
Una vacanza di Pasqua ad Ischia è la scelta di chi vuole onorare la festa più golosa dell’anno secondo una tradizione antica di trascorrere a tavola momenti lieti nel piacere e nel gusto di stare insieme.

Assaporare cose speciali, genuine, antiche ricette, per chi dalla vita vuole il massimo piacere e considera il cibo qualcosa di più che un alimento.

Un viaggio ad Ischia, una vacanza nei sensi, cominciando dal gusto, dall’olfatto, dalla vista di questi piatti che giungono a noi da tempi antichissimi, tramandati dalle donne di casa, di secolo in secolo.


Sull'isola di Ischia la Pasqua è una festa di sapori
Piatti semplici a base di mare, secondo la tradizione marinara. I pesci freschissimi comprati alla paranza, cucinati con leggerezza, con gli alleati più preziosi: prezzemolo ed aglio, pomodorino e olio d’oliva.

I frutti di mare, che profumo!

Appena scottati, e tutto il sapore è lì tra i gomitoli di spaghetti e linguine fumanti. I cicinielli, i ricci, le alghe del mare di ischia si mangia tutto, fritto, al forno, lesso o all’acqua pazza. E le carni, che profumo le carni dei polli ruspanti di Ischia, del coniglio di fosso, cotto in grandi tegami di coccio, lentamente, che sapore le carni del maiale ischitano che mangia ghiande e castagne e cresce libero.


Sull'isola di Ischia la Pasqua è una festa di sapori
I salumi fatti in casa sono paradisiaci, le salsicce semplici o in compagnia del finocchietto che esalta il gusto e sfrigolano sulla griglia, e non è un fuoco qualsiasi. E’ legna di castagno per aromatizzare ancora di più le carni.

Niente è lasciato al caso nella cucina rustica dell’isola di ischia, dalla cottura alla preparazione ci sono mille piccoli segreti che rendono questi piatti speciali.

Ecco perché Pasqua ad Ischia è un trionfo di gusto ! 

Pasqua ad Ischia, sensi senza pentimenti, perché è cibo sano e genuino e perchè se si pensa di aver mangiato troppo, le passeggiate sono tante, tante almeno quante le delizie ischitane...

20/03/13

Corsa dell' Angelo, Pasqua Ischia

La corsa dell’Angelo, si svolge a Forio, il giorno di Pasqua dalle ore 13 :00. Risale da un’antica tradizione del 1600. E’ una sacra rappresentazione che riproduce il momento dell’incontro della Madonna con il figlio risorto. La manifestazione è realizzata dall’Arciconfraternita di Forio, custode delle quattro statue che si portano a spalla in processione, per tradizione, sempre dalle stesse famiglie, per un diritto non scritto che si tramanda da padre in figlio e molte volte causa di dispute accese tra le varie famiglie per la rivendicazione dello stesso.

Le statue rappresentate in processione sono: la Madonna, il Cristo Risorto, S.Giovanni Apostolo e l’Angelo. Le prime tre furono scolpite in legno da un artigiano di Napoli tra il 1756 e il 1757 mentre l’Angelo fu scolpito da Vincenzo Mollica e ricoperto d’oro zecchino.

La Corsa dell'Angelo - Pasqua - Forio
La mattina di Pasqua, prima dell’inizio della processione, la Madonna, con un velo bianco sul volto, e San Giovanni vengono sistemate presso il crocevia del corso principale di Forio. Il Cristo e l’Angelo, al termine della messa, si recano in processione formando un un piccolo corteo con lo stendardo celeste e il pennacchio di penne di struzzo bianco, la croce della confraternita ed il clero.

Giunti vicino la fontana, un coro, formato da voci poderose dai pescatori e dal popolo, volgendosi verso il Cristo risorto, cantano il “Regina Coeli”, ha così inizio la funzione. L’Angelo fa tre inchini al Cristo risorto e corre verso la Madonna ad annunciare la resurrezione del figlio, arrivato al crocevia si ripete il Regina Coeli, ad opera dei contadini e del popolo, al termine l’Angelo si inchina per tre volte alla Madonna e corre verso il Cristo. 

La Corsa dell'Angelo - Pasqua - Forio
Tutto questo si ripete per tre volte. Nell’ultima corsa l’Angelo si ferma sotto il campanile della chiesa di Santa Maria di Loreto mentre la Madonna e San Giovanni si incamminano nel corso per raggiungere la statua del Cristo. A metà percorso si fa scivolare il velo dal volto della Madonna, a rappresentazione della visione del Figlio, e tutto il corso si riempe di petali di fiori lanciati dai balconi in un tripudio di canti ed applausi.

Per tradizione colui che porta il pennacchio in processione, deve abbassarlo per ben tre volte senza far toccare le piume a terra, così non perde il diritto a condurre il pernacchio alle prossime processioni.

Al termine le statue si portano in processione fino la chiesa di San Vito.