Torrione; Torre di Scaro; Torre della Spiaggia; Torre
Quattrocchi;Torre Casa Patalano; Torre Costantina; Torre di Cigliano; Torre
del Cierco; Torre di Milone; Torone; Torre di Nacera; Torre
di Baiola; Torre di Casa D’Ascia; Torre della Cornacchia. Queste le
torri di Forio “la Turrita”, il comune dell’isola d’Ischia con
il maggior numero di “osservazioni fortificate” per difendersi dagli assalti
dei temibili saraceni.
Le torri saracene di Forio |
Il nucleo originario di queste torri di avvistamento e difesa a
vista per gruppi di due (da ogni torre era possibile scrutare il mare e le due
adiacenti) era composto sicuramente da quelle a pianta circolare – il
Torrione, il Torone, la Torre Costantina, la Torre del Cierco – con l’aggiunta
successiva di quelle a pianta quadrangolare. Infatti, nonostante siano
state tutte ultimate tra la metà e la fine del XVI secolo, quelle a pianta
circolare sono di più antica costruzione, realizzate in parte già durante il
periodo angioino, nel XIII secolo.
Le torri saracene di Forio |
La diversa architettura di queste fortezze è storicamente
riconducibile all’evoluzione delle tecniche di costruzione dagli angioini agli aragonesi,
con la prevalenza accordata nel tempo a edifici più bassi e con murature più
spesse sul lato esterno, nel caso ci si fosse dovuti difendere dal fuoco
dell’artiglieria nemica proveniente da mare.
Le torri saracene di Forio |
Le torri costiere non sono una prerogativa della sola Forio,
sull’isola d’Ischia ce n’erano altre – a partire proprio da quel CastelloAragonese che è il simbolo indiscusso della più grande delle isole flegree,
senza dimenticare quelle andate distrutte come la Torre che svettava
sull’isolotto tufaceo di Sant’Angelo – e tuttavia, gli esiti
architettonici ed estetici che la costruzione di queste fortezze ha avuto in
questo comune non sono altrove riscontrabili. Soprattutto per l’importanza che
ciascuna di esse ha avuto sullo sviluppo urbanistico dei villaggi circostanti e
quindi sull’intero centro storico.
Le torri saracene di Forio |
Chi visita per la prima volta il comune di Forio non rimane
certo indifferente di fronte all’intricato e assai caratteristico dedalo di
vicoli che disegna il centro storico. Memoria urbana di secoli segnati in
profondità dalla paura delle scorrerie saracene a cui si cercava di porre un
argine con un sistema viario complesso che favorisse la fuga dei locali
sfruttando l’iniziale spaesamento degli invasori.
Le torri saracene di Forio |
Precauzioni che non furono sufficienti a fermare la furia
del terribile rais Dragut che assaltò le coste di Forio e dell’isolad’Ischia una prima volta nell’agosto del 1548 e una seconda, quattro anni dopo,
nel 1552.
Le torri saracene di Forio |
Così ne scrive lo storico locale Giuseppe D’Ascia nella
monumentale Storia dell’isola d’Ischia del 1867:
“Dragut sangiaco di Montesce, denominato dagli storici
turchi Targhut, nato pure da genitori cristiani in Anatolia, or da solo, or col
gran visir corseggiando, qual degno discepolo del Barbarossa principiò ad
infestare il Mediterraneo nel 1546.
[...] nel dì 12 agosto 1548, giorno di domenica, di buon mattino sbarcava
a Castellammare di Stabia e proprio ove dicesi il Quartuccio, facea prigionieri
circa ottanta persone di ogni età e sesso: fra gli altri una bellissima
donzella.
Indi ritiratosi con quella preda nello stretto fra Procida ed Ischia, di tutto
fece ricatto, riserbandosi la fanciulla, che volle ritener per sé.
In questo mentre facea altri sbarchi in Ischia, e predava altri poveri ed
infelici isolani; de’ quali, chi potette esser riscattato fu liberato, e
coloro che difettavano di mezzi vennero condotti schiavi in Africa.
Le torri saracene di Forio |
[...] Fino al 1550 niun freno i barbareschi avevano
incontrato, ma d’allora risvegliossi Carlo V ed a frenar li spedì D. Garzia
figlio di D. Pietro di Toledo alla testa di un esercito di spagnuoli,
fiorentini, romani, cavalieri di Malta, genovesi e napoletani.
[...] (Anno 1552). Nel mese di luglio dell’anno
appresso la flotta turca comparve in Sicilia; indi venne innanzi Napoli ed
infestò quei contorni. Fecero i corsari con Dragut loro capitano uno sbarco ad
Ischia e le diedero il sacco, ripetettero le stesse bravure in Procida, indi si
andarono ad ancorare nell’isola di Ponza.
Dopo la morte di Dragut nel 1565 [corsivo nostro] la
pirateria purtuttavia seguitò ad infestare queste spiagge che Dio avea creato
ridenti ed amenissime e gli uomini ridussero squallide e deserte. Per sfuggire
alle incursioni gli atterriti abitanti dell’isola d’Ischia, si ricoveravano,
all’apparir delle vele nemiche, e nel castello, e nelle torri, e nei nascondigli
impraticabili sul versante dell’Epomeo.
[...] In Forio, Lacco, Panza, Testaccio ed altri punti
un pò discosti dal Monte Epomeo, e dalla Cittadella (Castello Aragonese),
gli abitanti, esposti i primi a tali incursioni, perché i menzionati punti
prossimi alle spiagge si trovavano, si rinserravano nelle torri che all’uopo
erano quivi state erette; quali torri sono rimaste a monumento della storia,
chi smantellata, chi accomodata a dimora particolare.
Di esse la maggior parte furono erette col prodotto delle gabelle della Dogana
istallata da Alfonso I°.
Le torri saracene di Forio |
Dai merli di queste torri, e dalle bertesche, si difendevano disperatamente gli
abitanti, quando venivano assaliti, spiegando quel coraggio che inspira il gran
pericolo. Tutto era arma di difesa per essi; acqua bollente, pietre, macigni, e
quando questi mezzi erano esauriti, le masserizie riposte in quei ridotti,
tutti erano versati su gli assalitori, che tante volte erano astretti ad
allontanarsi feriti, pesti e malconci”.
Oggi che queste torri – parafrasando il D’Ascia - sono
rimaste a “monumento della storia“, accomodate a dimora privata con la sola
eccezione del Torrione eletto a museo civico del comune di
Forio, restano la bellezza del centro storico di questo paese adagiato sulla
costa ovest dell’isola e la curiosità intellettuale per anni difficili e
violenti in cui la popolazione dell’isola d’Ischia si difendeva con onore, con
“quel coraggio – seguendo sempre il D’Ascia – che solo ispira il gran
pericolo” e che ancora oggi è uno dei tratti caratteriali più evidenti del
fiero popolo ischitano.
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